Amando molto la musica, e avendo la specializzazione di musicoterapista in
ambito didattico (corso IRRSAE prof Mauro Scardovelli), in classe dedicavo volentieri una parte della ricreazione ai
vecchi giochi di gruppo, quelli che facevo per strada nella mia Sestri Levante che, allora, era solo un paese. Dopo le prime volte, i bambini li richiedevano a gran
voce, e li preferivano al gioco “libero”, almeno fino a quando non hanno
imparato a gestirsi da soli i turni e le scelte di gioco, come facevano le generazioni più vecchie. Anche ripetendo le conte che avevano imparato.
Le “conte” sono filastrocche in 4/4, nate per
stabilire dei turni e per ridere. In quest’ultimo caso sono spesso ricche di
termini scatologici, che i genitori non dovrebbero sentire: questo fa sentire i
bambini più “grandi” e indipendenti, senza metterli in pericolo. Chi non ha mai
ripetuto la conta: “Sotto il ponte di Baracca” in cui la rima è fatta col nome
di qualcosa che Gigino… “produce”?! Naturalmente, una buona educazione vuole proprio che i genitori “non sentano”, o dovrebbero
reagire con una sgridata. E, naturalmente, tutta la valenza educativa che può
avere il gioco svanirebbe anche se i genitori non reagissero alle "parolacce" del
figlio.
In poche parole, si tratta di una “trasgressione” che può far bene al
bambino perché aumenta la sua sensazione di essere “grande” e indipendente, solo quando non è
approvata tacitamente dai genitori, o, al contrario, quando loro non la sanzionano duramente. Ed è una trasgressione
non pericolosa.
Le conte (persino il poverissimo “Mi-sce-la!”) sono il mezzo civilissimo
con cui i bambini hanno sempre cercato di evitare di fare a botte. Anzi,
“cercavano” di evitare: oggi si pensa che educare alla non-violenza voglia solo
dire reprimerli, come se non fossero dei cuccioli fondamentalmente egoisti perché sono ben consapevoli della propria fragilità, e sono ancora soprattutto
curiosità e istinto. Il risultato è che, in mancanza di una leadership adulta, i bambini di oggi
difficilmente riescono a giocare insieme senza litigare, ancor più quando si conoscono poco o nulla. È impressionante
vedere quanto spesso, in un parco giochi, i bambini giochino ognuno per conto
proprio.
Forse è per questo che, a dieci o undici anni, cominciano
ad andare in giro in branco, facendo dispetti e perpetrando violenze più o meno gravi verso i propri coetanei. E' allora che li chiamano "bulli", ma, se lo sono, lo sono per carenze educative.
Proprio perché è in 4/4 (come il ritmo della camminata, quello del respiro, quello del cuore) la filastrocca ha
un numero pari di sillabe per verso, generalmente otto o dieci.
È chiaro che il ritmo, in una filastrocca, è tutto: è il “veicolo” attraverso cui il bambino percepisce facilmente dei contenuti significativi, ma anche dei nonsense. Il ritmo, negli esseri viventi, è naturale, istintivo. Tutti siamo fatti di ritmo. Pensate che guaio, le aritmie cardiache!
È chiaro che il ritmo, in una filastrocca, è tutto: è il “veicolo” attraverso cui il bambino percepisce facilmente dei contenuti significativi, ma anche dei nonsense. Il ritmo, negli esseri viventi, è naturale, istintivo. Tutti siamo fatti di ritmo. Pensate che guaio, le aritmie cardiache!
All'inizio della Prima classe della Primaria, mio figlio si
rifiutava di imparare l’elenco ordinato dei dodici mesi: gli e l’ho fatto dire ritmandolo, in modo anche un po’ rabbioso, e l’ha imparato subito. Certo,
bastava che la maestra gli insegnasse una filastrocca o una canzoncina, e
lui avrebbe imparato con piacere, e in breve tempo.
Il vero “nonsense” allora è la filastrocca claudicante, che oggi pare tanto
di moda.
Uno dei motivi per cui è stato abbandonato
Rodari (le maestre hanno troppo spesso il difetto di buttarsi al volo su tutto quello che
sembra innovativo, senza riflettere, e soprattutto senza rielaborarlo per adattarlo
a sé e alla loro classe particolare) è il suo estremo “ordine”, il suo aver
studiato musica e averla capita. Suona più “moderno” un testo metricamente
disordinato… Peccato che una filastrocca disordinata non sia nemmeno tale: non
serve a niente. Non può neanche accompagnare il movimento, che ovviamente è
sempre ritmico. Tranne quando il bambino inciampa nei propri piedi.
LA FILASTROCCA,
TANTO PER FARE… FILASTROCCA!
È quella con cui i miei bambini hanno imparato a giocare… filastroccando!
Questa è una filastrocca
un poco strana, un poco sciocca,
fatta solo per giocare
senza star tanto a pensare:
due parole scelte in rima
e una frase messa prima.
C'è un bel sole e chiaro è il giorno
buio è dentro un vecchio forno
lì che cuoce c'è un buon pane
impastato da un bel cane
con un cucciolo monello
che ha un tegame per cappello:
gioca con un bel gattino
come fosse un fratellino.
Quel bel cane è una mammina
con grembiule e gonnellina
Sai? L'ho vista oggi stesso:
era bianca come il gesso,
si muoveva lassù in cielo
insieme al vento, come un velo.