venerdì 22 marzo 2013

IL SERPENTE DI FERRO, racconto da Capo Giuseppe


Un grido terribile, mai udito prima, squarciò un giorno la pace della prateria, mettendo in fuga tutte le creature che la abitavano. E vedendo quel grande serpente di ferro che correva gridando e lanciando un fumo nero che si sperdeva a fatica nell’aria, dapprima fuggirono anche i pellerossa "Coeur d'alene", dei Nez Percés, ma gli uomini sono creature un po’ speciali, più curiose  e intelligenti della media: fra loro c’è sempre chi vuole sapere e capire. Così, passato il primo spavento, i Nez Percés si misero a osservare con attenzione il “mostro”, seguendolo di nascosto lungo il suo percorso: non andava più veloce dei loro cavalli, dopo tutto! Così, i guerrieri capirono presto che il "serpente di ferro" non era vivo, perché dei "visi pallidi" entravano e uscivano dalla sua “pancia”, videro che si fermava perché aveva bisogno di acqua e di legna, e soprattutto si accorsero che poteva camminare solo sulla lunga strada  di ferro che  era stata stesa per terra. Facile fermarlo, allora, quell’oggetto puzzolente che metteva in fuga persino i bisonti di cui loro vivevano: bastava rompere i depositi d’acqua sistemati lungo la via, ma, soprattutto, bastava togliere la strada di ferro. Fu quello che fecero gli uomini di Tuekakas, il grande capo che, dopo il battesimo, diventò Giuseppe, detto il Vecchio. Il treno deragliò. Fra le merci che si sparsero intorno c’erano delle perline colorate, carine ma senza valore: anche i Romani ne usavano per abbagliare con poca spesa le tribù che incontravano (le offrirono addirittura ai raffinatissimi cinesi, e l'Imperatore per guardarle si mise gli occhiali!). I Pellerossa però non le avevano mai viste. Così, la sposa di Tuekakas fu la prima donna indiana ad avere il vestito ornato di perline, e suo figlio, Hinmaton Yalaktit che diventerà Capo Giuseppe, fu il primo bimbo indiano con la culla/zaino ornata di perline. Nel “Museo delle Culture del Mondo” (Castello d’Albertis, a Genova), si possono vedere  dei vestiti indiani con quelle perline che chi non riflette chiama “ornamento tipicamente pellerossa”. Chissà con quale tecnologia potevano farle, gli indiani, le perline…


martedì 19 marzo 2013

INDOVINELLI NEL FRUTTETO


Sembra una luna e ti fa sognare - di altre terre di là dal mare.

Può essere bianca, rossa o giallina - ma ha sempre una buccia un po' pelosina.

Bianca o rossa ce l'hai tutto l'anno - chi non la mangia, tutto a suo danno!

Sia rugginosa, verde o rossina - per essere mela è un po' allungatina!

Ha nome d'uccello, peloso e verdino - a fette ha la forma d'un fiorellino!-

Il colore al sole lui ruba d'estate - ci fai le spremute oppur le frullate.

Color delle viole oppur del limone - sian secche o fresche, son sempre buone!

VOCALI



u
Se ben la guardi è un castelluccio
con due torrioni, con un tettuccio...
Forse mi sbaglio ed è un torello:
laggiù nel campo corre bel bello.

a
E' una bambina- un po' pienotta
con le treccine-, con la panciotta..
o forse è solo - un puf piccino
adatto solo - a un elfo bambino.

e
Spunta fra l'erba- una foglina
un po' lunghetta- tanto piccina...
se poi è in fuga- con tante uguali
è solo fumo- o tante ali.

i
Un seggiolino- col poggiatesta
un principino- corona in testa:
un amo pare- pronto alla pesca:
lo puoi lanciare- se metti l'esca.

o
Ecco un bimbetto- col ricciolino
è una boccuccia- un frutto piccino
anche un'oliva- o un pesce palla
che se si gonfia- sta anche a galla.