Un grido terribile, mai udito
prima, squarciò un giorno la pace della prateria, mettendo in fuga tutte le
creature che la abitavano. E vedendo quel
grande serpente di ferro che correva gridando e lanciando un fumo nero che si sperdeva a
fatica nell’aria, dapprima fuggirono anche i pellerossa "Coeur d'alene", dei Nez Percés, ma gli uomini sono creature un po’ speciali, più curiose e intelligenti della media: fra loro c’è
sempre chi vuole sapere e capire. Così, passato il primo spavento, i Nez Percés
si misero a osservare con attenzione il “mostro”, seguendolo di nascosto lungo
il suo percorso: non andava più veloce dei loro cavalli, dopo tutto! Così, i guerrieri capirono presto che il "serpente di ferro" non era vivo, perché dei "visi pallidi" entravano e
uscivano dalla sua “pancia”, videro che si fermava perché aveva bisogno di
acqua e di legna, e soprattutto si accorsero che poteva camminare solo sulla
lunga strada di ferro che
era stata stesa per terra. Facile fermarlo, allora, quell’oggetto
puzzolente che metteva in fuga persino i bisonti di cui loro vivevano: bastava rompere i depositi
d’acqua sistemati lungo la via, ma, soprattutto, bastava togliere la strada di
ferro. Fu quello che fecero gli uomini di Tuekakas, il grande capo che, dopo il battesimo, diventò Giuseppe, detto il
Vecchio. Il treno deragliò. Fra le merci che si sparsero intorno c’erano delle
perline colorate, carine ma senza valore: anche i Romani ne usavano per
abbagliare con poca spesa le tribù che incontravano (le offrirono addirittura ai raffinatissimi cinesi, e l'Imperatore per guardarle si mise gli occhiali!). I Pellerossa però non le avevano mai
viste. Così, la sposa di Tuekakas fu la prima donna indiana ad avere il vestito
ornato di perline, e suo figlio, Hinmaton Yalaktit che diventerà Capo Giuseppe,
fu il primo bimbo indiano con la culla/zaino ornata di perline. Nel “Museo
delle Culture del Mondo” (Castello d’Albertis, a Genova), si possono vedere
dei vestiti indiani con quelle perline che chi
non riflette chiama “ornamento tipicamente pellerossa”. Chissà con quale
tecnologia potevano farle, gli indiani, le perline…
Come vedi mi sono unita al tuo blog; certo che ne hai fatta di strada!
RispondiEliminaciao
sinforosa castoro
Sono ancora io. Ho visitato l'altro blog è ricchissimo di argomenti: bellissimo, complimenti.
RispondiEliminasinforosa