De lo infuso e de lo decotto preparare
Òmeni et donne che
streghe ve fate
queste ricette le
prime ascoltate:
a fare lo infuso e
poi lo decotto
dovrete imparare
in quattro e quattr’otto!
La mattina in su
l’ora che lo sole se alza
cercate una fonte
sotto una balza,
a quella offrite
uno bianco telino
e ciotole e orcio
non sporchi de vino,
fate acqua pura
con essi giocare
e lo gran sole in
essi specchiare,
ne l’orcio
cogliete quell’acqua sì pura
e a casa tornate senza
paura:
su foco robusto
poi l’acqua ponete
finché le bolle al
suo interno vedete,
gettatevi l’erba e
da foco levate
quando, ridèste,
son le bolle tornate,
quando lo tempo
dovuto è passato
l’infuso filtrate
col telo sbiancato:
Per far lo
decotto? Pensate soltanto
De l’acqua con
l’erba bollire alquanto!
…
Ihhh…
Che linguaggio!
Brufola: -
Dammeli! Sono miei!
Ghita: - Ehi! Qua ci sono altri bigliettini!
(Anche lei ne legge uno. In sottofondo, si
sente il coro invisibile delle streghe che l’accompagna da dietro le quinte.
Lei non sente niente, mentre i compagni si guardano in giro, stupiti e
spaventatati. Brufola li guarda, divertita della loro paura):
De male de pancia curare
Se un gran mal di
pancia ti sei ritrovato
perché con il cibo
hai un poco abbondato
t’invidio, amico,
ma vieni lo stesso
non ho certo il
cuore fatto di gesso.
Pagarmi potrai uno
magico infuso
che non potrà
certo lasciarti deluso.
Or lo confesso:
contiene soltanto
l’alloro che
cresce laggiù in quel canto
e poi camomilla
raccolta nel prato:
è ver che per
farlo non ho faticato…
Tu però dammi una
qualche moneta
ch’io mangi se anche non vesto de seta!
Brufola (ha ascoltato
sorridendo e annuendo, e ora si rivolge a Ghita):
- Sì! Dammi!
Giacomo: - Avete… Voi avete sentito?
Ghita: - Perché, tu no? Leggevo ad alta voce!
Simpatico, eh!
(fruga fra le
ricette): Oh,
ecco! Leggine una anche tu, Nat!
Natalino: - Io… Oh, e va bene! Voglio proprio vedere…
(Nat prende il
foglietto e legge, dapprima un po’ incerto poi sempre più rinfrancato perché
non sente niente. Durante la lettura, sempre accompagnata dal coro misterioso e
invisibile, gli amici si sono avvicinati l’uno all’altro, spaventati. Ghita
invece sembra più stupita che spaventata. Alla fine):
Natalino: - Questa volta non ho sentito niente… Forse perché
ero io che
leggevo! Prova un po’ tu, a leggere, Ivan!
Ivan: - Tu – sei – mat - to! È meglio che
lasciamo perdere. Anzi,
sai cosa ti
dico? Lasciamo perdere tutto! Proprio tutto!
Non mi piacciono
‘ste storie! Io torno giù, in salotto,
senza fantasmi e senza streghe, né
maschi né femmine.
Altroché!
Brufola (lo ferma): - E no, eh! Troppo facile svignarsela così!
Avete promesso di
aiutarmi!
Perché tanta paura? Non ci sono qua io a dirvi cosa
succede?
Ghita: - Già. Prova un po’ a spiegarci cosa succede,
allora!
Brufola: - Il coro che sentite è solo… un’eco
nell’aria, lasciato dai miei
amici mille anni fa. Non
dovete aver paura, non può farvi
proprio niente. E' come un fuoco fatuo… Dai,
Ivan, leggi
anche tu.
Prova.
Ivan: - Io… Oh, va bene! Tra l’altro questa è una
ricetta interessante.
La
proverò sul mio cane che ha gli occhi rossi.
(Mentre Ivan
legge, si sente nuovamente il coro, e tutti ascoltano affascinati):
De l’occhi affocati addolcire
Se dentro ne li
occhi tu senti lo foco
che abbrucia e te
toglie ogni voglia de gioco
vol dir che lo
Capro non visto è passato
suo fiato de zolfo
i tuoi occhi han sfiorato!
Ma tepidi impacchi
de un’acqua potente
già hanno guarito
tantissima gente
e faranno star
bene i tuoi occhi sicuro:
de malva selvaggia
è un decotto ben scuro…
ma tieni per te
questo arcano svelato
o io vedrò ‘l
Capro a tua casa tornato!
Marta: - È impressionante…
Pensate… L’eco di un coro di mille anni fa!
Ma andiamo avanti
col nostro lavoro, adesso. Per esempio…
Ecco, qui ci sono
altri semi!
Brufola: -
Uh!
Sono miei, sono miei!
Giacomo: -
Servono a qualcuno, questi mazzetti di erbe secche?
Brufola: -
A
me, a me!
Giacomo: -
Ma
è tutta roba tua, qui dentro? Ti serve tutto?
Ghita: - Ci
sono! Che stupidi siamo stati, amici! Il tesoro
delle streghe
era la loro
conoscenza delle cure con le erbe! E allora: ricette,
semi, erbe…
Ivan: - Peccato! Io m’immaginavo monete d’oro,
pietre preziose…
Giacomo: -
Gioielli,
opere d’arte…
Marta: - Ehi! Qui c’è il libro delle erbe e dei
medicamenti delle
streghe! (Brufola accorre e
fa per prenderlo, ma Marta gli e lo sottrae vivacemente, esclamando):
E aspetta un
attimo, no? Guardate che bello,
questo libro! È pieno di
ricette, d’ incisioni, di racconti… Sentite qui!
(Marta si siede
per terra, sulla sinistra dello spazio scenico e gli altri le si mettono
attorno. Le luci su di loro sono leggermene attenuate. Mentre Marta legge, al
centro del palcoscenico, in piena luce, si vedono entrare Petra le Strega e
Sgorbio il Giullare e fanno il mimo di ciò che Marta legge, lentamente, in modo
molto espressivo, con pause agli a capo, enfatizzando le parole
sottolineate e soffermandosi su di esse quel tanto da permettere loro di farsi gesto nel mimo:
La bona strega Petra e Sgorbio il Giullare
Uno certo giorno, Petra
la bona strega
dopo aver
lavorato, lavorato, lavorato,
a ottenere riuscì
finalmente
uno magico infuso
bono a curare
ogne tipo de
prurito.
Tempo era adesso
di farne esperimenta, ma…
a chi rivolgersi?
Pensa e ripensa,
pensa e ripensa,
arrivò de Petra ne la mente
lo
pensiero de Sgorbio, lo Giullare de lo Signore.
Era costui un tipo
non guari educato,
lo quale tutto lo
giorno non faceva che
grattarsi.
grattarsi,
grattarsi,
sempre pieno come
era
de pulci e de ogne
sorta de brutte bestie.
Sicura per questo
di ben disposto lo trovare
Petra a lo
castello se n’è gita per lo incontrare
E seco lui de lo
suo magico infuso disse.
Lo scortese villano
una risata grande
si fece:
non solo lo suo
prurito migliorato era assai,
dopo lo grande e
periglioso bagno
che la sua Signora a fare lo aveva costretto,
ma, inoltre, sapere
proprio per niente ne voleva
de lo infuso de
Petra provare!
Anzi, lo vile
oramai addirittura più niente sentiva:
lo suo prurito,
tanti anni durato,
del tutto
scomparso adesso era!
Povera Petra, la
sua fatica tutta era stata vana
se lo infuso
sperimentare non poteva!
Tornata a casa
però
La bona strega una
molto bella idea ebbe
E subito in
pratica la mise.
Petra maggiormente
intelligente era de Sgorbio
e sopra ogne
altera cosa
una pigraccia come
lui non era.
Senza pigliarsi
paura
per la doppia
fatica che ad assumersi andava,
la bona strega
lavorò
lavorò
lavorò
finché finalmente
uno novo infuso
riuscì a creare:
uno novo, et bonissimo, et aulentissimo licore
che Sgorbio più
che volentieri bevve.
Lo novo infuso,
naturalmente, atto era a riaccendere
lo prurito de lo
pigro e vil giullare
lo quale voluto non avea con la bona strega cooperare
per la nova cura
sperimentare!
In cotal modo poi
Sgorbio costretto
fu ad accettare da Petra
anche lo infuso contra lo prurito…
Per lo vero dire,
lo giullare
proprio del tutto non guarì
però per
migliorare migliorò, almeno uno poco,
e comunque è lo principio che conta, vero?
Marta (ride, poi
termina):
-
Bello,
eh? Simpatica, la “bona” strega Petra!
Gli
altri
(ridono divertiti con lei):
-
Bello,
bello! – Povero Sgorbio! – Ah sì, proprio buona, quella strega!
Brufola:
- E va be’, va be’,
sarà pure bello, anche se non so cosa ci sia da ridere…
Comunque, anche questo libro è mio!
(La streghetta fa per prendere il libro
dalle mani di Marta, ma Natalino è più svelto di lei. Stringe il volume a sé e
protesta)
Natalino:
- E no, eh! Questo
no che non è tuo! Questo è della nonna!
Me lo
ricordo bene, da quando ero piccolo… La nonna lo
consultava, mi faceva vedere le figure… Era suo, ti dico!
Io lo
conosco bene, questo libro!
(N. lo sfoglia velocemente cercando
una pagina, poi la mostra):
Guarda!
Questa sei tu… Per questo ti Conoscevo…
Brufola (paziente e
gentile):
-
Va
bene, Nat, ma quello è il libro delle nostre scoperte, dei nostri esperimenti
di cura…
Natalino:
- Ma c’è il mio
nome, dentro!
Brufola:
- Ma va’? Fa’
vedere! Toh! C’è davvero! Ma guarda… Ce l’avrà
scritto
tua nonna… Ma sì, in fondo è giusto, Nat. Tienilo tu,
questo
libro… Sarà il nostro grazie e il nostro saluto. E
pensate a noi, qualche volta! Noi vi penseremo sempre, amici!
Grazie,
grazie a tutti!
(Brufola afferra il cestone in cui hanno
messo la roba, e scompare per la comune)
fine II atto