mercoledì 2 gennaio 2013

A 13 anni amavo Ulisse



E van le svelte navi
guidate da Ulisse:
Or non più canti in domestici lari,
ma mari e cieli, cieli e mari
E van gagliardi pensando a lontane spose
di là a, la scritta "Non più oltre".
Ed ecco dallo Stretto dove il Forte pose,
fatidicsi à degli offesi dei:
Giove gransquarcia la coltre
della bontde pieno di livore
manda fulmini ai nauti rei
e all'incauto capo navigatore.
Su tutti, spauriti, domina Ulisse
che là sulla tolda forte disse:
"In vita mia, neppur in mia lontana terra
vidi mai tempesta più bella!" .
E subito a singolar tragico tenzone
stanno Ulisse e lo sposo di Giunone,
né d'aidar l'Astuto i Nauti hanno speranza
perché già combattere devono, e inizia la danza!
O danza tragica e immane
in cui Titani combattono figure umane!
Eolo soffia e rovescia scuri nembi
che van vagando nel cielo tempestoso
mentre ruggendo allarga di nubi lembi
coprendo il bel sole luminoso.
Anche Nettun muggisce e onde avvita
rovesciando immani muri acquosi
su d'Ulisse i compagni, per spezzar loro vita.
Così s'agitano i tremendi marosi
finché tutto scompare in nulla:
le onde si richiudono sopra di loro
che più non vedran occhio di fanciulla
né di bimbi bei riccioli d'oro.
I nembi si dissolvono lenti
quasi con malinconia,
mentre fuggono svelti  Eolo e i suoi Venti.
Torna Nettuno nei suoi antri marini
nel suo regno, tra alghe e pesciolini.
E Febo sorride, velato da nuvolette rosa:
solo qualche relitto informe piange
sull'onda lenta e sonnacchiosa.

 
Laila, a 13 anni



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